Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento è ravvisabile anche soltanto in una diversa ripartizione di determinate mansioni fra il personale in servizio, all’esito della quale una o più posizioni lavorative risultino in esubero e non siano riassorbibili in via di c.d. repechage.
La riorganizzazione, pur non sindacabile nel merito, deve essere genuina (ossia effettiva e non meramente apparente o pretestuosa) e deve precedere logicamente e/o cronologicamente il licenziamento stesso (altrimenti sarebbe mero effetto di risulta di una scelta diversa da quelle tecnico-organizzative o produttive consentite dall’art. 3 legge n. 604/1966) e derivi da necessità non meramente contingenti o transeunti.
Non è necessario che l’azienda sia in perdita; il licenziamento può essere rivolto anche a un maggior profitto, ma l’obbiettivo non può essere perseguito con il puro e semplice licenziamento di un dipendente, non giustificato da un mutamento dell’organizzazione, ma solo dal fine di sostituire un lavoratore con altro meno retribuito, ancorché addetto alle medesime mansioni.
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 24 maggio 2017 n. 13015