Nel caso di lavoro part-time, il principio di non discriminazione consente il riproporzionamento per quegli istituti che hanno una connotazione patrimoniale e che si pongono in stretta corrispettività con la durata della prestazione lavorativa e impone, invece, il divieto di riproporzionamento per istituti riconducibili ad un ambito di diritti a connotazione non strettamente patrimoniale che si è inteso salvaguardare da qualsiasi riduzione connessa alla minore entità della durata della prestazione lavorativa.
I permessi di cui alla legge 104/1992 costituiscono una misura destinata alla tutela della salute psico-fisica del disabile quale diritto fondamentale dell’individuo tutelato dall’art. 52 Cost. che rientra tra i diritti inviolabili che la Repubblica riconosce e garantisce all’uomo e pertanto il lavoratore part-time, in linea generale, ha diritto ad usufruire dei permessi ex lege 104/1992 in misura identica a quella del lavoratore a tempo pieno.
Una distribuzione paritaria degli oneri e sacrifici connessi all’adozione del rapporto di lavoro part- time porta, tuttavia, a distinguere il caso in cui la prestazione del lavoro part-time sia articolata sulla base di un orario settimanale che comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario da quello in cui comporti una prestazione per un numero di giornate inferiore e riconoscere solo nel primo caso il diritto alla integrale fruizione dei citati permessi.
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza 20 febbraio 2018 n. 4069