Ai fini dell’applicabilità della soluti retentio prevista dall’art. 2035 cod. civ. la nozione di buon costume non si identifica soltanto con le prestazioni contrarie alle regole della morale sessuale o della decenza, ma comprende anche quelle contrastanti con i princìpi e le esigenze etiche costituenti la morale sociale in un determinato ambiente e in un certo momento storico.
Pertanto, chi abbia versato una somma di denaro per una finalità truffaldina o corruttiva non è ammesso a ripetere la prestazione, perché tali finalità, certamente contrarie a norme imperative, sono da ritenere anche contrarie al buon costume.
Il giudice, chiamato a pronunziarsi su una condictio ob iniustam causam, deve procedere d’ufficio alla ulteriore valutazione dell’atto o del contratto sul diverso piano della sua contrarietà al buon costume, tenendo presente che sono irripetibili ai sensi dell’art. 2035 cod. civ. i soli esborsi fatti per uno scopo contrario al buon costume, ma non pure le prestazioni fatte in esecuzione di un negozio illegale per contrarietà a norme imperative.
Cassazione Civile, Sezione I, sentenza 05 agosto 2020 n. 16706