L’esercizio discontinuo e saltuario della servitù non è di ostacolo a configurarne il possesso con il fondo servente, dovendo lo stesso essere determinato in riferimento alle peculiari caratteristiche ed esigenze del fondo dominante; pertanto, ove non risultino chiari segni esteriori diretti a manifestare l’animus dereliquendi, la relazione di fatto instaurata dal possessore non viene meno per l’utilizzazione non continuativa quando possa ritenersi che il bene sia rimasto nella virtuale disponibilità del possessore.
Il requisito dell’apparenza della servitù discontinua, richiesto al fine della sua costituzione per usucapione, si configura quale presenza di segni visibili di opere di natura permanente obbiettivamente destinate al suo esercizio, tali da rivelare, in maniere non equivoca, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente per l’utilità del fondo dominante e non un’attività posta in essere in via precaria o per tolleranza del proprietario del fondo servente, comunque senza animus utendi jure servitutis; tale onere deve avere carattere stabile e corrispondere, in via di fatto, al contenuto di una determinata servitù.
Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza 10 aprile 2024 n. 9626