La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma e indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. e con queste cumulabile, volta al contenimento dell’abuso dello strumento processuale
Tale condanna non richiede il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di abuso del processo. Essa ha una funzione di deterrenza e di sanzione del responsabile civile, non incompatibile con l’istituto del “risarcimenti punitivi” di origine statunitense.
Può costituire abuso del diritto all’impugnazione la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata o completamente privo di autosufficienza o contenente una complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia o fondata sulla deduzione del vizio di cui all’art., 360 n. 5, c.p.c. ove sia applicabile, ratione temporis, l’art. 348ter, u.c. c.p.c..
Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza 12 giugno 2018 n. 15209