Il D.L. n. 223 del 2006 (cosiddetto decreto Bersani) non ha abrogato la previsione del codice deontologico secondo la quale l’avvocato non può rivelare al pubblico il nome dei propri clienti, ancorché questi vi aderiscano.
Ciò alla luce delle peculiarità dell’attività dell’avvocato, che non è solo un libero professionista, ma anche il necessario “partecipe” dell’esercizio diffuso della funzione giurisdizionale, se è vero che, salvo eccezioni limitatissime, nessun processo può essere celebrato senza l’intervento di un avvocato.
L’avvocato, pertanto, non può rendere pubblici, non solo i nomi dei clienti, ma anche l’attività processuale svolta in loro difesa in processi che potrebbero essere ancora in corso e che potrebbero, in taluni casi, subire indirette interferenze da tale forma di pubblicità (si pensi a processi per attività mafiose, in cui la pubblicità data ai nomi dei clienti potrebbe servire per lanciare messaggi ad eventuali complici).
Cassazione Civile, SS. UU., 19 aprile 2017 n. 9861