La presenza di un amministratore di sostegno presuppone che il beneficiario abbia una infermità (non necessariamente una infermità di mente) o una menomazione fisica o psichica, anche non comportante una totale Incapacità di provvedere ai propri interessi.
L’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, allorché è nella pienezza delle proprie facoltà cognitive e volitive, in previsione (art. 408 cod. cv.) della propria eventuale futura incapacità. Il beneficiario potrà così dare all’amministratore direttive precise anche sulle decisioni sanitarie o terapeutiche da palesare ai sanitari, compreso il rifiuto alla somministrazione di trasfusioni a base di emoderivati secondo la fede religiosa dell’interessato.
La legittimità del rifiuto risponde al principio costituzionale per cui nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. In questo senso si veda la Carta di Nizza, la Convenzione di Oviedo, la Risoluzione del Parlamento Europeo del 18.12.2008, la Convenzione di New York ratificata con legge 3.3.2009 n. 18, oltre a varie decisioni della Corte EDU
Se il rifiuto è informato, autentico e attuale, non è contrario a princìpi di ordine pubblico, né può essere scambiato per omicidio del consenziente (eutanasia).
Cassazione Civile, Sezione I, ordinanza 15 maggio 2019 n. 12998