La clausola del contratto individuale di lavoro con cui sia previsto un periodo di prova di durata maggiore di quella massima prevista dal c.c.n.l. applicabile al rapporto – fermo restando il limite di 6 mesi di cui all’art. 10 legge n. 604/1966 – può ritenersi legittima solo nel caso in cui la particolare complessità delle mansioni di cui sia convenuto l’affidamento al lavoratore renda necessario, ai fini di un valido esperimento e nell’interesse di entrambe le parti, un periodo più lungo di quello ritenuto congruo dalle parti collettive nella normalità dei casi.
Il relativo onere probatorio ricade sul datore di lavoro, a cui la maggiore durata del periodo di prova attribuisce una più ampia facoltà di licenziamento per mancato superamento della prova.
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, ordinanza 26 maggio 2020 n. 9789fica